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Calcio: Conte, 'nella storia rimane solo chi vince'
Tecnico ripercorre sua carriera in nazionale a VivoAzzurro
"Nella storia rimangono le persone che vincono": Antonio Conte si prepara a una nuova avventura, sulla panchina del Napoli, e il suo marchio di fabbrica rimane sempre lo stesso. "Sono cresciuto in mezzo alla strada. La strada ti porta ad incontrare subito delle difficoltà e non c'è nessuno che ti aiuti a risolverle. Devi sapere che devi cavartela da solo e che non puoi contare su niente e su nessuno": cosi' il tecnico aveva parlato prima che si concretizzasse l'accordo con il club di Aurelio De Laurentiis, in un'intervista pubblicata ora sulla piattaforma digitale della Federcalcio, VivoAzzurroTV, nella quale ripercorre il suo cammino agonistico, anche e soprattutto in nazionale. Dalla telefonata di Arrigo Sacchi quando lo inserì nel gruppo per i mondiali USA94, agli Europei del 2000 con Dino Zoff e all'Europeo del 2016 in panchina come commissario tecnico. "Nei confronti di Sacchi, ho grande stima e ammirazione - le parole del tecnico - Trasmetteva la sua passione per il calcio, mi piaceva questa voglia di aggiornarsi e di essere davanti agli altri. Un grande lavoratore, non lasciava niente al caso. Sono tutte cose che ho cercato di fare mie. Una persona ossessionata, ma per me l'ossessione nel calcio è una cosa positiva". Conte ricorda la finale con il Brasile persa ai rigori, a Pasadena. "Quando arrivi ad avere queste opportunità devi sapere che potrebbe non capitarti più e invece quando si è giovani non ci si pensa. Io pensai abbiamo perso, ma capiterà un'altra volta - racconta - Invece, quando giochi finali del genere con i club o in nazionale devi sapere che potrebbe essere l'unica della tua vita e perciò devi essere forte e determinato per entrare nella storia perché, parliamoci chiaramente, nella storia ci rimangono le persone che vincono. Quella fu la prima sconfitta pesante, di quelle che bruciano sulla pelle. Il Brasile è rimasto nella storia, tanta gente non ricorda il secondo posto dell'Italia". Poi la telefonata inaspettata del presidente Tavecchio per proporgli la panchina azzurra."Tavecchio era molto convinto e penso che quella sua perseveranza, quella determinazione nel volermi in nazionale, quel desiderio di realizzare quel matrimonio mi colpirono molto", aggiunge sottolineando poi che "la nazionale ha bisogno dei suoi spazi, penso che le nazionali che alla fine vincono sono quelle che riescono a costruire una squadra". Resta ill ricordo della conferenza di addio a Montpellier, a fine Europeo 2016, e le sue lacrime: "E' stato difficile staccarmi da quei giocatori, ma da tutto l'ambiente. Si era creata una vera famiglia - la ricostruzione di Conte - e questo ci aveva aiutato a superare il fatto che non fosse una nazionale fortissima, ma la voglia di dimostrare che non eravamo inferiori agli altri aveva equilibrato le cose. Prima degli Europei, a gennaio, avevo manifestato al presidente la voglia di tornare ad allenare un club, ad aprile poi avevo firmato con il Chelsea. Sono convinto che se non avessi firmato quel contratto e avessi dovuto decidere in quel momento, non avrei mai e poi mai lasciato quel gruppo. Si era creato un rapporto troppo forte tra noi e non me la sarei sentita". "Alla fine però tutti nella vita abbiamo un percorso - conclude Conte - Sono andato via dalla Juventus e ho incontrato la nazionale che mi ha dato grandi emozioni, poi sono andato in Inghilterra e ho vinto Premier League e FA cup. Diciamo che in tutte le situazioni ci possono essere dei rimpianti, ma quello che è arrivato dopo è stato bello ed entusiasmante".
L.Janezki--BTB