Berliner Tageblatt - Cresce Mnesys, è la più grande rete Ue di ricerca sul cervello

Cresce Mnesys, è la più grande rete Ue di ricerca sul cervello
Cresce Mnesys, è la più grande rete Ue di ricerca sul cervello

Cresce Mnesys, è la più grande rete Ue di ricerca sul cervello

Il progetto finanziato dal Pnrr conta 90 centri e 800 scienziati

Dimensione del testo:

Novanta centri di ricerca coinvolti; 600 pubblicazioni e circa 300 progetti attivi; 800 scienziati impegnati. Sono i numeri di Mnesys, progetto avviato a fine 2022 grazie al fondo di 115 milioni di euro stanziato dal Pnrr e che oggi, con l'aggiunta di 65 nuovi centri, è diventata la più grande rete di ricerca sul cervello in Europa. Gli scienziati afferenti al progetto sono riuniti a Genova per il terzo meeting annuale, durante il quale sono stati presentati i risultati raggiunti e i circa 100 nuovi progetti di ricerca che si sono aggiunti negli ultimi mesi grazie a una serie di bandi a cascata finanziati con 23 milioni. "Tutte le migliori istituzioni italiane che fanno ricerca sul cervello, ingaggiate tramite appositi "bandi a cascata", sono coinvolte in questo progetto unico al mondo, che è diventato la rete europea più estesa e all'avanguardia", commenta Antonio Uccelli, responsabile scientifico del progetto, ordinario di Neurologia all'Università di Genova e direttore scientifico dell'Ospedale Policlinico San Martino. "I nuovi gruppi arruolati consentiranno con le loro competenze di sviluppare, approfondire e scoprire sempre di più i segreti, ancora nascosti, del cervello". I nuovi progetti di ricerca spaziano in innumerevoli ambiti. Uno degli studi più affascinati è quello che punta a ideare strategie innovative per prevenire lo sviluppo di danni cerebrali nei neonati prematuri. Al centro della ricerca anche l'Alzheimer: uno studio dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, mira a svelare il ruolo dell'infiammazione nello sviluppo dell'Alzheimer, attraverso la creazione di cervelli "in miniatura" su cui testare trattamenti innovativi. "A oggi non esistono però modelli sperimentali in grado di "imitare" adeguatamente la patologia", spiega Gianluigi Forloni, capo del Dipartimento di Neuroscienze e del laboratorio di Biologia delle Malattie Neurodegenerative del Mario Negri. Rimanendo nel campo delle malattie neurodegenerative, all'Università di Sassari, invece, si studiano i meccanismi alla base del riconoscimento e della produzione delle espressioni facciali, abilità cruciale per la comunicazione con gli altri, che viene a mancare nei pazienti con malattia di Parkinson e di Alzheimer.

J.Bergmann--BTB